Il lavoro che faccio da 5, 10 o anche più anni non mi piace più, non mi dà più soddisfazioni o addirittura mi provoca un malessere quotidiano: cos’altro posso fare? in che modo posso rivendermi?
Questa domanda si affaccia nella mente di sempre più persone che sentono l’esigenza di una consistente trasformazione della propria sfera lavorativa.
Non si tratta di un desiderio di “cambiare aria” perché magari abbiamo voglia di vedere facce nuove rispetto a quelle che incontriamo tutti i giorni al lavoro, perché sentiamo l’esigenza di confrontarci con un ambiente lavorativo differente oppure di trovare nuove opportunità di crescita e di carriera che sono precluse nell’azienda attuale. In questo caso sarebbe necessario e sufficiente cercare un’altra azienda o organizzazione in cui collaborare, diversa per tipologia di business, di cultura, dimensioni e struttura rispetto a quella attuale, ma sempre restando nella medesima posizione, perché il ruolo che ricopriamo e le attività che svolgiamo quotidianamente sono di per sé appaganti.
Quando abbiamo l’intenzione di ricollocarci, invece, stiamo pensando di cambiare proprio il tipo di mansione e funzione che svolgiamo, di dedicarci a nuove attività, di perseguire valori differenti…
Questo perché il lavoro che stiamo facendo attualmente è diventato ripetitivo oppure è sempre stato poco stimolante, ma fino a quel momento, per abitudine o necessità, lo abbiamo accettato così com’era. Poi, ad un certo punto, l’equilibrio si spezza, ci rendiamo conto che il gioco non vale più la candela perché stiamo spendendo tempo ed energie nel fare un’attività che, nella migliore delle ipotesi, ci annoia e non ci interessa, mentre nella peggiore ci provoca proprio un senso di disagio che si può manifestare anche a livello fisico.
Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.
Se è vero che l’esigenza di cambiamento si manifesta forte e chiara, nonostante magari all’inizio proviamo ad ignorarla, non ci appare altrettanto fortemente e chiaramente la nuova strada da perseguire.
Sappiamo di solito piuttosto bene che cosa non ci soddisfa nell’attuale ruolo, che cosa non vogliamo più fare… ma cos’altro potrebbe appagarci davvero ? Che cosa desideriamo realmente fare?
E inoltre, cosa possiamo fare di diverso se fino a quel momento abbiamo sempre ricoperto il medesimo ruolo o se comunque abbiamo maturato la nostra esperienza più significativa in un ambito specifico? Le aziende prenderanno mai in considerazione un profilo “diverso” da quello standard?
Queste domande mostrano le forti difficoltà che possiamo avere nel ri-pensarci e ri-proporsi sul mercato.
Quali sono le principali ragioni per cui facciamo fatica a vederci in modo differente?
Questione di… etichetta: Quando svolgiamo per diverso tempo la medesima tipologia di lavoro, ci abituiamo a percepire noi stessi con un’etichetta standard. Il ruolo che ricopriamo, i compiti che svolgiamo diventano parte di ciò che siamo, ossia della nostra identità professionale. E’ un po’ come indossare sempre gli stessi abiti: se ci vestiamo sempre casual, faremo fatica anche solo ad immaginarci con un abito elegante o comunque con uno stile differente dal solito.
Effetto “Acquario”: Come un pesce rosso nella sua ampolla, vivendo sempre nella medesima realtà, finiamo per credere che il mondo finisca lì, che non esista qualcosa di diverso all’esterno. E se invece ci fosse…l’oceano?
Ce l’ho…mi manca: Se abbiamo anche un’idea vaga di cosa ci piacerebbe fare di diverso da quanto stiamo facendo attualmente, quello su cui ci concentriamo maggiormente sono le abilità che ci mancano piuttosto che le risorse che già abbiamo: motivazione e convinzione da una parte, ma anche competenze “spendibili” altrove. Pensare sempre al divario che ci separa dalla meta non ci aiuta a costruire il ponte verso ciò che desideriamo!
Attività vs competenze: Tendiamo comunemente a pensare di essere in grado di svolgere solo gli specifici compiti che effettuiamo abitualmente. In altre parole, le capacità possedute corrispondono alle attività svolte. Ma questa è una visione limitata delle competenze… Dietro ogni nostra esperienza, invece, ci sono un mix di capacità e conoscenze che vengono attivate. A sua volta ciascuna competenza può essere applicata trasversalmente a differenti tipi di attività.
Gli Hobby (non) sono una cosa seria: Le attività che si svolgiamo nel tempo libero, gli interessi che coltiviamo, i progetti a cui contribuiamo (anche pro bono) possono avere più rilevanza di quanto si creda perché attraverso di essi acquisiamo nuove conoscenze o mettiamo in atto abilità che entrano a far parte del nostro bagaglio di risorse, e quindi vanno tenute in considerazione in fase di cambiamento.
In conclusione, mancandoci la consapevolezza di ciò che siamo in grado di fare e di essere al di fuori di ciò che abbiamo sempre fatto, ci percepiamo con uno scarso valore da offrire e questo chiaramente impatta sulla modalità di proporci e presentarci sul mercato.
In realtà, abbiamo molte più risorse di quelle che riteniamo di possedere e più di quanto la nostra mente ipotizzi basandosi su una visione limitata della realtà. E’ necessario quindi allargare lo sguardo, ampliare gli orizzonti, dentro e fuori di noi stessi, con la convinzione che abbiamo ancora molto da dare!
Ricorda che sei più coraggioso di quanto credi, più forte di quanto sembri, più intelligente di quanto pensi.
8 thoughts
È vero ciò che l’articolo dice. Purtroppo però, quando ci si presenta alla ricerca di un lavoro nuovo e diverso, i selezionatori stessi ti condannano al tuo lavoro precedente (che magari hai svolto solo per necessità) . Chi cambia totalmente strada viene visto male. Si dice che non ha esperienza e quindi lo si scarta. Grazie a coach lavoro.
Enrico
Enrico, grazie per il tuo commento! E’ “normale” che un selezionatore o un datore di lavoro cerchi qualcuno già capace e preparato a fare quello specifico lavoro! Se ti serve qualcuno che ripari il tuo PC, cercherai un tecnico esperto, di cui poterti fidare! Difficilmente ti affideresti che so…ad un ex cuoco, anche se dice di essere un appassionato di informatica… Aspettarsi il contrario non è sensato…
Ma quello che fa la differenza è ciò che rispondi davanti alle sue obiezioni..e anche quello che dici subito prima, per presentarti! Se tu sai argomentare le tue ragioni, presentare e motivare le tue capacità effettive e mettere in risalto la tua reale passione e motivazione, il riscontro che avrai sarà differente. certo non sempre, non con tutti e non in tutti i casi, ma le tue probabilità di successo cambiano eccome! Il punto (che sviluppo nell’articolo) è che spesso siamo noi stessi a non saperci “vendere” perchè siamo ancorati all’identità lavorativa precedente e non sappiamo esprimere ciò di cui siamo realmente capaci.
Sai, è tutto terribilmente vero. Si nota spesso però, (io sono un over 60 che fa 4 piani di scale di corsa con i figli e vince), che il mondo intorno comincia a 20 e termina a 50 anni, e noi “vecchietti” si-ci considera già sistemati. Però io sono sulle spine per la voglia di fare qualche cosa di nuovo, assolutamente non sotto casa e magari in un’altra lingua, con una famiglia entusiasta all’idea pazza di papà. Non è facile comprendersi, realizzarsi poi……..
ciao Daniele e grazie per la tua testimonianza. Quello che credo (e i fatti me ne danno riprova) è che l’energia e la convinzione muovono le montagne… di ostacoli, di pregiudizi, di difficoltà.
Problemi che, devo dire, ci sono a qualunque età! perchè a 20 anni sei troppo giovane e non hai esperienza mentre a 50 ne hai troppa… In realtà in ogni fase della vita hai le tue risorse e punti di forza da sfruttare e valorizzare. comunque (questa è la storia di tutti i “folli” e i visionari): prima devi crederci tu e andare avanti tu e poi (forse) gli altri ti seguiranno e ti daranno ragione. Se hai una famiglia che ti appoggia e supporta, beh, sei molto fortunato! In bocca al lupo!
Complimenti per l’articolo, penso che riassuma in poche righe le diverse dinamiche che si creano all’interno dell’aziende e devo dire che in alcune passaggi mi ci sono ritrovato, ma forse era anche facile cascarci.
Emerge inoltre un certo stato di malessere che aleggia tra i lavoratori, a qualsiasi livello e questo mi aiuta perché condividere gli stessi sentimenti aiuta a superare i momenti peggiori.
Rimettersi in gioco, per me, vuol dire prima di tutto conoscere e ri-conoscere se stessi ( a 40-50 anni pensiamo e vogliamo cose diverse che a 25-30 ) per poi cercare il giusto equilibrio tra le aspettative professionali (quelle per le quali avevi iniziato l’università o un certo lavoro ), la realtà aziendale (il proprio ruolo all’interno dell’azienda, per cosa ti pagano, come mi “vede” l’azienda), le aspettative personali (cosa mi sta comunicando il mio corpo, quali sono le cause dei miei mal di pancia, migliorare, avere visibilità o rimanere tranquilli), il clima familiare (perché avere paura di dedicare qualche ora in più ai propri figli o alla compagna), a dimenticavo la crescita economica (perché guadagnare meno del mio collega ?)
Trovare il lavoro che soddisfi tutti questi punti è impossibile quindi va data una priorità e poi provarci,
perché chi si pone la domanda, se è giusto cambiare, ha già dentro di se la risposta perchè vuol dire che ha energia da spendere, a qualsiasi età, ed è giusto che questa energia vada incanalata nella direzione corretta, l’importante è partire…
….e se poi alla fine si accetta di rimanere nello stesso posto di lavoro, perchè non si è trovato nulla di meglio ( o per senso di responsabilità, paura dell’ignoto), quel breve viaggio forse è servito per farci vedere meglio le cose belle che abbiamo fatto e con le quali potremmo riempire i sensi di vuoto che ogni tanto proviamo.
Francesco, grazie per la tua testimonianza! e’ proprio così, per cambiare e ri-collocarsi, bisogna per prima cosa ascoltarsi e ri-conoscere sè stessi e le proprie esigenze, individuando quelle prioritarie e poi iniziando a coltivare e soddisfarle. Il percorso per ri-collocarsi può essere più o meno lungo e complesso, come dici tu, ma intanto nel viaggio abbiamo tanto da imparare e sperimentare!
Questo articolo sembra fatto per me adesso! I miei primi 40 anni li ho trascorso tra la ribellione nascosta ed il dovere. Adesso ho voglia di rimescolare questi punti e rimettermi in gioco, anche dopo le ultime difficoltà e gravi scontri uomo/ donna. Riafferro la mia vita, puntando allo sviluppo delle mie naturali tendenze, delle passioni troppo spesso messe da parte, per dare spazio alle convenzionali strade intraprese sulla scia del dovere. Infondo per cambiare il risultato di una somma uno dei due addendi deve cambiare.Cambio io!
Ciao Giuditta, grazie per la tua energica testimonianza!
Come disse Gandhi: sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo!
Buona trasformazione, buona evoluzione!