Semplificare e favorire il tuo ricollocamento al lavoro

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L’insoddisfazione di svolgere un lavoro che non piace interessa molte più persone di quanto si possa immaginare. Se sei arrivato qui, probabilmente anche tu hai lo stesso problema e ti sei reso conto che il gioco non vale più la candela, perché stai spendendo la maggior parte del tempo in un’attività che non solo ti annoia o ti affatica, ma che sta drenando le tue energie e peggiorando la qualità della tua vita.

Sappi che ciò che stai pensando e che stai sentendo rispetto al tuo attuale lavoro non è affatto anormale né tantomeno sbagliato, anzi significa che hai riconosciuto un tipo di disagio che, alla lunga, se trascurato, può portare ad uno stato di malessere mentale e fisico anche grave.

D’altro canto, prendere la decisione di cambiare lavoro e poi metterla in atto non è semplice né automatico perché si aggancia a pensieri e paure bloccanti (per non parlare delle questioni pratiche della ricerca di un nuovo lavoro, che scoraggiano anche i più motivati!),

Se ti stai chiedendo cosa nello specifico ti blocca nel tuo cambiamento professionale, in questo articolo esploriamo nel dettaglio quali sono le cause principali che rallentano il tuo ricollocamento al lavoro, per poi identificare le risorse che possono aiutarti a sbloccare la situazione e a ricollocarti in modo (più) semplice ed efficace.

Ricollocarsi nel mondo del lavoro ha un significato profondo

Conosciamo bene la condizione che stai vivendo: non si tratta “solo” (tra doppie virgolette!) di voler cambiare lavoro perché vuoi vedere facce nuove rispetto a quelle che incontri tutti i giorni in ufficio o confrontarti con un ambiente lavorativo differente o, ancora, perché ambisci a nuove opportunità di crescita e di carriera (magari precluse nell’azienda in cui lavori attualmente).

Se, in poche parole, il tuo desiderio in questo momento fosse quello di avere nuovi stimoli professionali, la conseguente scelta strategica sarebbe quella di cercare un’altra azienda / organizzazione con cui collaborare, magari diversa per tipologia di prodotto o servizio offerto, per cultura o dimensioni, rispetto a quella attuale, ma sempre restando nella medesima posizione, visto che il ruolo che ricopri e le attività che svolgi quotidianamente sono di per sé appaganti.

Invece, chi si proietta verso un ricollocamento lavorativo, presenta motivazioni più profonde, ovvero intende cambiare, a volte anche radicalmente, il tipo di lavoro che svolge, perché si rende conto che ciò che sta facendo adesso è distante dalle proprie caratteristiche e attitudini, che non è in linea con i propri valori ed obiettivi personali, oltre che professionali.

Individua la strada da percorrere per il tuo ricollocamento al lavoro

Se è vero che l’esigenza di cambiamento si manifesta in modo “forte e chiaro”, nonostante magari all’inizio provi ad ignorarla, non si può certo dire lo stesso per quanto riguarda la nuova strada da seguire, ovvero l’alternativa da scegliere per ricollocarti nel mondo del lavoro.

In altre parole, probabilmente sai molto bene cosa non ti soddisfa del tuo attuale lavoro, cosa non vuoi più fare, ma quando ti viene chiesto di pensare a un’alternativa davvero appagante, ti trovi davanti ad uno schermo nero!

Nonostante tu stia riflettendo da tempo su cosa potresti fare di diverso rispetto a quanto fatto finora, non riesci a trovare una risposta sensata nè per te stesso, né tantomeno per i selezionatori che dovranno valutare la tua candidatura!

Perché fai fatica a identificare delle alternative professionali?

Per sbloccare la situazione e innescare un cambiamento sul fronte lavorativo, devi partire con il riconoscere il reale motivo principale che ti impedisce di posizionarti in modo diverso nel mercato del lavoro e di identificare delle valide alternative professionali.
Per aiutarti in questa fondamentale fase di analisi, ti forniamo una lista delle principali problematiche riscontrate durante i nostri coaching per il ricollocamento al lavoro, con persone di età e professionalità molto diverse fra loro:

  • Questione di Etichetta: quando svolgi per diverso tempo la medesima tipologia di lavoro, ti abitui a pensarti sotto un’etichetta standard. Il ruolo che ricopri, i compiti che svolgi quotidianamente diventano parte di ciò che sei, ossia della tua identità professionale. È un po’ come indossare sempre gli stessi abiti: se ti vesti sempre casual, farai fatica anche solo a immaginarti con un abito elegante o comunque con uno stile differente dal solito.
  • Effetto “Acquario”: come un pesce rosso nella sua ampolla, vivendo sempre nella medesima realtà, finisci per credere che il mondo finisca lì, che non esista qualcosa di diverso all’esterno. E se invece oltre la nostra ampolla ci fosse l’oceano?
  • Ce l’ho, mi manca: se ti stimola pensare a cosa ti piacerebbe fare di diverso rispetto al lavoro attuale, subito dopo, il pensiero si focalizza sulle abilità che ti mancano rispetto a quelle in tuo possesso. Insomma, se da una parte senti di avere motivazione, convinzione, e anche del valore da offrire altrove, dall’altra ti ritrovi a soffermarti sul divarioche ti separa dalla meta. Questo meccanismo tende a frenarti e di certo non ti aiuta a trovare o costruire un ponte verso ciò che desideri raggiungere!
  • Attività vs Competenze: comunemente si tende a pensare di saper svolgere solo gli specifici compiti che si effettuano abitualmente. Secondo questa convinzione, le capacità possedute corrispondono alle attività svolte. Ma questa è una visione limitata delle competenze! Dietro ogni nostra esperienza, invece, c’è sempre un mix di capacità e conoscenze che vengono attivate e sviluppate. A sua volta, una singola competenza può essere applicata trasversalmente a differenti tipi di attività.
  • Gli hobby (non) sono una cosa seria:  le attività che si svolgi nel tempo libero, gli interessiche coltivi, i progetti a cui contribuisci (anche pro bono) possono avere più rilevanza di quanto si creda perché attraverso di essi acquisisci nuove conoscenze o abilità che entrano a far parte del nostro bagaglio di risorse e che quindi vanno tenuti in considerazione, soprattutto in fase di cambiamento.

In conclusione, nel momento in cui ti manca la consapevolezza di ciò che sei in grado di fare e di essere, al di là dall’idea standard che hai di te, corri il rischio di percepirti con uno scarso valore e questo chiaramente impatta sulla modalità di proporti al mercato del lavoro.

Avere le risorse giuste per poterti ricollocare

In realtà, hai molte più risorse di quelle che ritieni di possedere, più di quanto la tua mente ipotizzi basandosi su una visione limitata della realtà. Uscendo fuori da schemi abituali, etichette ormai datate e da una considerazione restrittiva delle tue competenze, puoi scoprire di avere ancora molto da offrire!

È necessario, quindi, allargare il tuo sguardo per ampliare i tuoi orizzonti – dentro e fuori di te!

Ricorda che sei più coraggioso di quanto credi, più forte di quanto sembri, più intelligente di quanto pensi.

Alan A. Milne

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Questo articolo ha 10 commenti

  1. Enrico

    È vero ciò che l’articolo dice. Purtroppo però, quando ci si presenta alla ricerca di un lavoro nuovo e diverso, i selezionatori stessi ti condannano al tuo lavoro precedente (che magari hai svolto solo per necessità) . Chi cambia totalmente strada viene visto male. Si dice che non ha esperienza e quindi lo si scarta. Grazie a coach lavoro.
    Enrico

  2. Coach

    Enrico, grazie per il tuo commento! E’ “normale” che un selezionatore o un datore di lavoro cerchi qualcuno già capace e preparato a fare quello specifico lavoro! Se ti serve qualcuno che ripari il tuo PC, cercherai un tecnico esperto, di cui poterti fidare! Difficilmente ti affideresti che so…ad un ex cuoco, anche se dice di essere un appassionato di informatica… Aspettarsi il contrario non è sensato…
    Ma quello che fa la differenza è ciò che rispondi davanti alle sue obiezioni..e anche quello che dici subito prima, per presentarti! Se tu sai argomentare le tue ragioni, presentare e motivare le tue capacità effettive e mettere in risalto la tua reale passione e motivazione, il riscontro che avrai sarà differente. certo non sempre, non con tutti e non in tutti i casi, ma le tue probabilità di successo cambiano eccome! Il punto (che sviluppo nell’articolo) è che spesso siamo noi stessi a non saperci “vendere” perchè siamo ancorati all’identità lavorativa precedente e non sappiamo esprimere ciò di cui siamo realmente capaci.

  3. Daniele Pavan

    Sai, è tutto terribilmente vero. Si nota spesso però, (io sono un over 60 che fa 4 piani di scale di corsa con i figli e vince), che il mondo intorno comincia a 20 e termina a 50 anni, e noi “vecchietti” si-ci considera già sistemati. Però io sono sulle spine per la voglia di fare qualche cosa di nuovo, assolutamente non sotto casa e magari in un’altra lingua, con una famiglia entusiasta all’idea pazza di papà. Non è facile comprendersi, realizzarsi poi……..

  4. Coach

    ciao Daniele e grazie per la tua testimonianza. Quello che credo (e i fatti me ne danno riprova) è che l’energia e la convinzione muovono le montagne… di ostacoli, di pregiudizi, di difficoltà.
    Problemi che, devo dire, ci sono a qualunque età! perchè a 20 anni sei troppo giovane e non hai esperienza mentre a 50 ne hai troppa… In realtà in ogni fase della vita hai le tue risorse e punti di forza da sfruttare e valorizzare. comunque (questa è la storia di tutti i “folli” e i visionari): prima devi crederci tu e andare avanti tu e poi (forse) gli altri ti seguiranno e ti daranno ragione. Se hai una famiglia che ti appoggia e supporta, beh, sei molto fortunato! In bocca al lupo!

  5. Fra

    Complimenti per l’articolo, penso che riassuma in poche righe le diverse dinamiche che si creano all’interno dell’aziende e devo dire che in alcune passaggi mi ci sono ritrovato, ma forse era anche facile cascarci.
    Emerge inoltre un certo stato di malessere che aleggia tra i lavoratori, a qualsiasi livello e questo mi aiuta perché condividere gli stessi sentimenti aiuta a superare i momenti peggiori.

    Rimettersi in gioco, per me, vuol dire prima di tutto conoscere e ri-conoscere se stessi ( a 40-50 anni pensiamo e vogliamo cose diverse che a 25-30 ) per poi cercare il giusto equilibrio tra le aspettative professionali (quelle per le quali avevi iniziato l’università o un certo lavoro ), la realtà aziendale (il proprio ruolo all’interno dell’azienda, per cosa ti pagano, come mi “vede” l’azienda), le aspettative personali (cosa mi sta comunicando il mio corpo, quali sono le cause dei miei mal di pancia, migliorare, avere visibilità o rimanere tranquilli), il clima familiare (perché avere paura di dedicare qualche ora in più ai propri figli o alla compagna), a dimenticavo la crescita economica (perché guadagnare meno del mio collega ?)
    Trovare il lavoro che soddisfi tutti questi punti è impossibile quindi va data una priorità e poi provarci,
    perché chi si pone la domanda, se è giusto cambiare, ha già dentro di se la risposta perchè vuol dire che ha energia da spendere, a qualsiasi età, ed è giusto che questa energia vada incanalata nella direzione corretta, l’importante è partire…

    ….e se poi alla fine si accetta di rimanere nello stesso posto di lavoro, perchè non si è trovato nulla di meglio ( o per senso di responsabilità, paura dell’ignoto), quel breve viaggio forse è servito per farci vedere meglio le cose belle che abbiamo fatto e con le quali potremmo riempire i sensi di vuoto che ogni tanto proviamo.

  6. Coach

    Francesco, grazie per la tua testimonianza! e’ proprio così, per cambiare e ri-collocarsi, bisogna per prima cosa ascoltarsi e ri-conoscere sè stessi e le proprie esigenze, individuando quelle prioritarie e poi iniziando a coltivare e soddisfarle. Il percorso per ri-collocarsi può essere più o meno lungo e complesso, come dici tu, ma intanto nel viaggio abbiamo tanto da imparare e sperimentare!

  7. Giuditta

    Questo articolo sembra fatto per me adesso! I miei primi 40 anni li ho trascorso tra la ribellione nascosta ed il dovere. Adesso ho voglia di rimescolare questi punti e rimettermi in gioco, anche dopo le ultime difficoltà e gravi scontri uomo/ donna. Riafferro la mia vita, puntando allo sviluppo delle mie naturali tendenze, delle passioni troppo spesso messe da parte, per dare spazio alle convenzionali strade intraprese sulla scia del dovere. Infondo per cambiare il risultato di una somma uno dei due addendi deve cambiare.Cambio io!

  8. Coach

    Ciao Giuditta, grazie per la tua energica testimonianza!
    Come disse Gandhi: sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo!
    Buona trasformazione, buona evoluzione!

  9. erica

    Ciao, mi ritrovo a leggere questo articolo proprio in un momento di svolta della mia vita!!
    Ho 37 anni e da quando ho 15 anni faccio sempre lo stesso lavoro, prima come dipendente poi come socia e da 13 anni come proprietaria.
    Lavoro 7 su 7 dalle 06 di mattina alle 19 di sera domenica compresa… che lavoro faccio?… Ho un edicola, che in questi anni ho stravolto varie volte, cercando di inserire sempre articoli nuovi, ma alla fine sono costretta a chiudere! premetto che adoro il mio lavoro, ma il gioco non vale più la candela, e dopo anni che lavoro praticamente gratis, perché prima arriva l’affitto.. poi il mutuo… poi io..!
    Ora basta ho deciso, perché rassegnarsi ad una vita mediocre e senza soddisfazioni, ho provato a tener duro ad aspettare a sacrificarmi, ma alla fine non ha portato a nulla, anzi ora mi trovo a dover chiudere e con debiti da pagare 🙁
    Ora che faro’?… non lo so’… non vorrei più dover lavorare sabati e domeniche, vorrei anch’io assaporare un week di libertà! la gente e i pensieri ti portano ad esaurirti.. vorrei trovare un lavoro in ufficio (chiedo troppo?).. e poi senza esperienza ho paura che cadrò sempre nel medesimo lavoro, di commessa o simile…
    Va be’ credo fortemente nelle mie capacità, e il mio ottimismo mi fa credere di poter trovare il posto giusto per me.
    La mia difficoltà sta nel trovare le parole giuste per far capire ad un’azienda che anche se ho fatto sempre lo stesso lavoro, posso comunque fare dell’altro!
    grazie !!!

  10. Elisa

    Grazie per l’articolo, sentirsi compresa è davvero un sollievo.
    Dodici anni di uno stesso mestiere per me, una gran voglia di stabilizzare l orario di lavoro per poter investire su qualche dozzina di corsi in lista “da fare” da una dozzina di anni. Lavorare su turni mi ha tolto una marea di occasioni per migliorarmi. Mi sento entrare in un abito comodo a leggere che la difficoltà è togliersi di dosso l’etichetta “yogurt” prima di decidere di diventare che so , un bel secondo di pesce. Tenterò di individuare le competenze e le qualità che possiedo e poi cercherò di farle leggere a un amica per gioco, chiedendole: chi ha queste caratteristiche che lavoro fa? Magari mi sarà di aiuto.La voglia di cambiare è proporzionale alla frustrazione che sento ogni giorno per 8 ore nel ripetere sempre le stesse cose modulando con toni differenti la voce per non addormentarmi. La durezza del cambiamento la si regge pensando al mutuo da pagare, ma è vero anche che non siamo più abituati ad ascoltare e a riconoscerci meriti e capacitá. Mani sul cuore dunque e respiri profondi fino a cogliere l essenziale che abbiamo sotterrato? E se le occasioni di giocarsela a un colloquio sono molte meno di 12 anni fa, tocca arrivare preparata e carica. Sperando che non mi siano passati addosso 150 check in e un tir di telefonate il giorno prima o rischieró di essere pessima.Ma Giuditta ha ragione: follia è fare la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. Non ci resta che aprire la nostra vita e lasciarci cambiare.

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