“Adesso basta – Lasciare il lavoro e cambiare vita”, questo il titolo di un libro scritto dall’ex manager della Boston Consulting, Simone Perotti. Fra le sue ultime occupazioni: capo delle relazioni esterne Sisal e direttore della comunicazione di Rcs; incarichi prestigiosi e ben pagati.
Ora Simone abita nelle vicinanze di La Spezia e si guadagna da vivere spostando barche, dipingendo le facciate delle case, navigando e scrivendo, ma gli ci sono voluti dodici anni, da quando ha cominciato a pensare di cambiare vita, prima di mettere in pratica i suoi sogni…
Che cosa ti piacerebbe fare? Domanda banale, ma alla quale i più non sanno rispondere su due piedi: “la nostra sfera dell’immaginazione è atrofizzata perché ci hanno detto che dobbiamo fare qualcosa attinente al dovere e non al piacere.”
E qui entra in gioco il paradigma culturale, la filosofia, discorsi apparentemente alti ma che ci riguardano eccome poichè tracciano le linee della nostra esistenza. Fatta di riunioni, appuntamenti, pranzi di lavoro, reperibilità; tutte cose che sottraggono tempo agli affetti, agli amici, ai propri interessi. A se stessi. Chiaro, per smettere di lavorare occorre aver messo da parte un certo gruzzolo, e poi saperlo amministrare, senza timore di “erodere il capitale” ma dovendo comunque rinunciare alle scarpe firmate e al ristorante. Rinunce per qualcuno impossibili.
Perotti afferma: “Tutti noi sappiamo fare molte più cose rispetto a quel che crediamo, e le nostre passioni molto spesso sono monetizzabili. Ma ci hanno convinti che dobbiamo fare per tutta la vita una sola cosa, perché nel curriculum c’è scritto che sappiamo fare quella.”
Ho pubblicato questa storia non tanto come un modello da seguire….non è detto che tutti debbano mollare tutto per andare a vivere in campagna…quanto piuttosto perché è un bell’esempio di come non sia mai troppo tardi per rimettersi in discussione, per dare una svolta al proprio percorso di vita e di lavoro.
Lo scopo è uno solo, fare ciò che si VUOLE davvero fare, realizzando profondamente noi stessi, liberandoci da ruoli e consuetudini che non ci appartengono!
Cambiare significa trovare il tempo per un’elaborazione che, una volta pensata, richiede altro tempo. “Non si nasce liberi, lo si diventa. Non basta sperare, è necessario osservare una certa disciplina per realizzare i propri sogni”. E’ un pensiero dello scrittore Bjorn Larsson, riportato da Perotti.
Ideare, elaborare, valutare i rischi, perseverare con passione e disciplina. E’ un percorso arduo, ma ne vale la pena…ne vale la vita!
Rielaborazione dell’articolo di Fabrizio Buratto su Jobtalk
Leggi anche l’articolo ed i successivi commenti sul Blog di Catapulta: http://weblog.catapulta.it/ho-49-anni-troppo-vecchio-per-lavorare.html#comments
Nell’ingranaggio della societa’ in cui viviamo,con le modalita’ seguite dal signor Simone Perotti (“cioe’ mettere un gruzzolo da parte”) e’ praticamente impossibile cambiare vita, del resto se con il lavoro che si fa si riesce anche a mettere soldi da parte, cambiare non conviene.
Dopo questa piccola premessa, descrivo la mia esperienza.
Ho 47 anni , e vivo in Sicilia,ho deciso di cambiare vita non appena assunto alle poste italiane nel 1985 come impiegato allo sportello svolti per 15 anni e 7 anni di consulenza.Contestualmente ho sempre fatto l’imprenditore nel settore della ristorazione, quello che realmente mi soddisfa.Nel 2008 ho deciso di mollare le Poste per dedicarmi alla mia attivita’ ma ricominciando tutto da zero in quanto in questi 22 anni sono risciuto a mala pena a pagare il dovuto (tra l’altro essendo impegnato la mattina mi dovevo affidare al personale una tragedia!).Oggi dicevo ricomincio da zero e da un’ altra nazione (la Sicilia in particolare none’ fatta per chi si vuole mettere in gioco)spero presto di espatriare in luogo dove la nostra arte e’ apprezzata e ben ripagata da una economia ossigenata non asfittica come la nostra,amo al mia terra ma purtroppo ci penare.
Fin dagli studi siamo condizionati nel nostro modo di pensare dal sistema che per ottimizzarsi ci cuce addosso un ruolo e ci preclude a livello mentale l’espressione delle nostre reali potenzialità, tentando di condurci a portare le stesse maschere per tutta l’esistenza. Su questo non vi è dubbio.
Perotti mi fa però pensare che non solo il nostro ruolo sociale è condizionato, ma lo è anche e soprattutto il “modo” in cui pensiamo ad una via d’uscita: questo “modo” varia in base a quello che siamo, cioè anonimi impiegati oppure appartenenti alla classe dirigenziale, per ovvi motivi pratici di natura economica rispetto al gruzzolo che ce la procurerebbe (la via d’uscita)
Io ho 30 anni, uno squallido ed anonimo diploma di ragioneria, lavoro da 4 e studio da 3 (giurisprudenza studi lasciati e poi ripresi)
Però chissà..se tra circa dieci anni riuscirò a vendermi per qualche mega ruolo manageriale dopo aver passato un certo esame giuridico, aver lavorato 15 ore al giorno con contratti a termine in almeno cinque aziende diverse e consumato del tutto la voglia di vivere che già scarseggia, magari tra ventanni (se sopravvivo) potrei perfino avere voglia e tempo di passare le mie giornate spostando barche e scarabocchiando le pareti delle case senza la soddisfazione di indossare scarpe firmate e sputtanando i miei soldi in ristoranti…e scrivere un libro.
Ma in realtà credo che avvertirei di più la voglia di cambiare se mi trovassi nelle condizioni di impiegato (come in effetti sono), che non di manager, ceo e simili. In effetti ritengo che non avrei molta voglia di fuggire se passassi le mie giornate a fare riunioni, circondato da mega gnocche “lavorando” dieci ore al giorno e potendo fare tutto ciò che mi pare.
Ho letto il libro di Perotti. Lui peraltro ne trae spunto da un libro americano che parla di “downshifting”.
Molte cose sono giuste, ma mi permetto anche di osservare che Perotti faceva il manager e quindi ha messo da parte tanti soldi.
Per uno che ha un lavoro normale la strada, concretamente, non è così semplice, specie in un periodo di crisi economica e ancor di più delle assunzioni.
Sono un ragazzo di 24 anni, diploma di grafica industriale, lavoro da 4 anni, dopo i primi tre anni come operaio mi hanno lasciato a casa xke finito l’apprendistato, ho trovato da lavorare sempre come operaio nello stesso settore..il punto è: senza esperienza e senza le giuste spinte non vai da nessuna parte, l parola giusta è “NON SONO APPETIBILE” per il mercato del lavoro, troppo poco qualificato..vorrei andare all’estero a cercare fortuno ma anche se ne avessi il coraggio il massimo che mi verrebbe offerto è un lavoro da cameriere (come accade a molti giovani in cerca di fortuna a Londra), a meno che non si ha una laurea, ma anche qui ho i miei dubbi.
Tirando le somme (anche perchè se scrivo troppo nessuno leggerà il commento)ci vuole molta fortuna nella vita (ma già si sapeva), azzardarsi a cambiare completamente strada, o tentare di sopravvivere e “fregarsene” di questa società che ti fa apparire come una nullità se non hai la bella macchina, il fisico o non sei un dirigente. Pensare positivo e vivere del presente, vivere di quelle piccole cose che possono renderti felice..amori, hobby, la famiglia..le cose varamente importanti nella vita sono queste..non la giacca e la cravatta smaglianti da mostrare al capo.
Ciao Marco,
concentro la mia risposta sulla tua situazione specifica (al di là di qualunque valutazione, corretta o meno che sia, sulla situazione generale in Italia).
Non posso che concordare con te sui valori: “Pensare positivo e vivere del presente, vivere di quelle piccole cose che possono renderti felice..amori, hobby, la famiglia”, rispetto ad altri aspetti più materiali e vani.
Ma questo non significa che il lavoro non sia importante nè tanto meno che è impossibile migliorare la propria condizione perchè tutto dipende dalla fortuna.
C’è chi è nato agevolato, è vero (anche se molti figli dei ricchi non fanno una bella fine…), ma ci sono molti che sono partiti letteralmente da zero, ci hanno creduto, hanno affrontato grosse difficoltà ma ce l’hanno fatta! Cosa fa la differenza? la visione, la visione della vita e delle possibilità che essa offre.
Tu ti sei già bloccato in partenza ogni alternativa basandoti su convinzioni negative. Se credi che qualcosa sia vero, lo sarà, questo è il problema. Se pensi che in Inghilterra troveresti solo lavori da cameriere, è questo che troverai o in alternativa non partirai neppure, trovandoti con un niente in mano.
Se credi che non essere appetibile sia un dato di fatto immodificabile, non ti attiverai per imparare qualcosa di nuovo o per sviluppare delle tue abilità, anche senza corsi da migliaia di euro.
Se credi che una cosa è possibile la strada la trovi, ma se parti dicendo che è impossibile, non vai da nessuna parte! In bocca al lupo caro Marco!