Sul palcoscenico di uno dei teatri più celebri di Roma, “Il Brancaccio”, calcato da attori celebri e da artisti rampanti, ieri sera si è svolto uno spettacolo davvero molto speciale, intitolato “Primomaggio”. Il tema è quello del lavoro che non c’è, della precarietà e della povertà…e fin qui niente di nuovo sotto il sole, se non fosse che gli attori sono persone che stanno vivendo drammaticamente sulla loro pelle questa situazione.
I protagonisti infatti di questa rappresentazione sono alcuni ospiti dei centri Caritas di Roma: donne e uomini, giovani e anziani, italiani e stranieri, che oltre al lavoro hanno perso anche la casa e gli affetti familiari, ma non certo la loro profonda dignità.
Molti degli attori hanno raccontato le loro storie: c’è chi un lavoro anche umile prima ce l’aveva e chi invece non ce l’ha mai avuto e si è sempre arrangiato, c’è lo straniero che sognava l’università ma che è dovuto scappare dal proprio paese a causa della guerra, c’è chi ha perso il posto a seguito di un incidente sul lavoro e chi si è trovato in mezzo ad una strada dopo l’allontanamento del partner…
Tutti chiedono la possibilità di un lavoro che consenta di vivere una vita normale, che restituisca la dignità di esseri umani, che riaccenda la speranza.
Io la luce della speranza l’ho già vista sui loro volti, emozionati, che hanno avuto la possibilità di riscattarsi, salendo su un palco, grazie alla magia che solo il teatro può portare, e di lanciare un messaggio umano e sociale, raccolto dagli oltre mille spettatori che li hanno applauditi alzandosi in piedi.
La luce della speranza l’ho vista anche nel regista, Carlo del Giudice, nel suo staff e in tutta l’organizzazione che ha consentito a queste persone di mettere in scena sé stessi e di farsi ascoltare.
La luce della speranza l’ho vista in come ciascuno degli attori sia riuscito a tirare fuori il meglio di sé, sfruttando le proprie qualità e dando un senso alla propria esperienza.
Perché ciascuno può e deve avere il suo posto sul palco del mondo.
Cara Mariangela, forse nel mondo di oggi, quello occidentale, una delle cose importanti che manca è quella dell’ascoltare. Ascoltare noi stessi, i messaggi che arrivano dalla nostra anima, e le persone che bussano a una porta per un lavoro, magari con grandi potenzialità, alle quali non viene data la possibilità di presentarsi, raccontarsi e, in qualche modo, di esistere.
Grazie!
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