“Che cosa vuoi fare da grande?”. Se avessimo fatto questa domanda ai bambini e ai giovani del secolo scorso, probabilmente ci avrebbero risposto: il Medico o l’Avvocato, l’Ingegnere, il Commercialista o il Contabile, oppure il Notaio, il Maestro o il Professore. Perché queste erano le professioni più affermate ed i mestieri più conosciuti. E lo stesso avrebbero detto i genitori, che aspiravano per i propri figli quel livello di istruzione e quello status sociale che loro non avevano potuto raggiungere.
Le aspettative genitoriali e sociali hanno condizionato generazioni intere, che frequentavano i Licei (Classico, Scientifico, ecc.) o Ragioneria (perché immetteva subito nel mondo del lavoro) e che, se proseguivano gli studi, si iscrivevano a Giurisprudenza o a Medicina. Chiaramente questo non è successo a tutti ma, senza scomodare la statistica, sono davvero tanti gli studenti che hanno seguito un certo percorso di studi e di lavoro non perché rispecchiasse le proprie inclinazioni, ma perché era quello più riconosciuto socialmente, quello più prestigioso, quello più apprezzato da mamma e papà.
Fino a qualche tempo fa, queste posizioni ripagavano comunque dei sacrifici e dei compromessi fatti rispetto alle proprie reali inclinazioni e aspirazioni, garantendo una certa stabilità, un buon tenore di vita e soddisfazioni economiche.
Ma tutto questo è ancora valido?
Cambiamento di scenario
Qualche dato, giusto per rendere l’idea del cambiamento epocale che stiamo attraversando: secondo una ricerca di Forbes (riportata qui), dal 2000 gli utenti internet a livello globale sono passati da 394 milioni a quasi 2 miliardi nel 2010 ed a 3 miliardi di persone nel 2014. Questo significa che in 15 anni la popolazione sul web si è quindi quasi decuplicata raggiungendo il 40% di quella mondiale! Altro dato significativo (considerando quanto sia recente l’avvento degli smartphone): in un solo anno è raddoppiato il numero di persone nella sola Europa che accede ad internet tramite il canale mobile. La crescita esponenziale delle nuove tecnologie, insieme ai cambiamenti demografici, sociali, culturali e politici in atto non hanno certo un impatto marginale sul mercato del lavoro, anzi…
Una ricerca internazionale del CIPD (http://www.cipd.co.uk/) mostra che negli ultimi 21 anni la proporzione dei lavoratori over 50 è salita dal 21% al 29%, mentre quella under 25 è scesa dal 18% to 12%. Analogamente, nello stesso arco temporale, è più che raddoppiata la percentuale di persone laureate o comunque in possesso di una qualifica superiore.
Un trend di sicura crescita è quello dell’automazione del lavoro: sempre più compiti saranno svolti da macchine sofisticate, robot dotati di intelligenza artificiale, sistemi guidati da complessi algoritmi. Secondo uno studio dell’Università di Oxford, negli USA il 47% delle professioni rischia di essere sostituita dal computer, una percentuale che arriva al 50% in Europa!
Negli ultimi anni insomma, il mondo del lavoro è cambiato rapidamente e vorticosamente, a ritmi impensabili fino a poco tempo fa, che non accennano a rallentare, anzi….
Le professioni “storiche” stanno attraversando una forte crisi e si stanno trasformando profondamente, per avvicinarsi a nuove esigenze del mercato, a sfide sempre più complesse e clienti sempre più esigenti. Le rendite di posizione e le certezze dello “status quo” stanno via via scomparendo, lasciando spazio ad una (difficoltosa) ricerca di nuovi equilibri.
Cambiamento di paradigma
I dati che abbiamo riportato sullo sviluppo delle nuove tecnologie e le osservazioni rispetto ai cambiamenti delle professioni, rendono ancora più eclatante il divario con gli schemi che, per quanto opinabili, erano ancora validi fino ad una o due generazioni fa, rispetto alle figure professionali a cui ambire.
Applicare vecchi paradigmi al nuovo scenario è inutile e deleterio: se nel passato si sono formate schiere di lavoratori e professionisti (spesso) insoddisfatti ma (almeno) benestanti, adesso si rischia di crearne di frustrati e precari (o disoccupati)!
Al contempo, diverse professioni che fino a poco fa non esistevano o erano considerate marginali, adesso stanno emergendo. Pensiamo a tutti i cosiddetti “smanettoni” o “nerd” che son i nuovi “digital workers”: creano siti web, sviluppano app e software avanzati o addirittura fondano una start-up. E poi ci sono i nuovi artigiani digitali, che aprono fablab tecnologiche e producono con la stampa 3D.
Ora usciamo dal “solco” digitale ed entriamo nel campo agricolo dove sempre più giovani (e non solo) con il “pollice verde” stanno praticando l’orticoltura, avviando un’impresa agricola e magari vendendo i propri prodotti bio sul web. Ed ancora pensiamo ai creativi che fanno i grafici, i designer o gli art director, a tutti i consulenti, coach (!), counselor ed operatori del benessere, e così via, che si stanno affermando sul mercato.
Consapevoli di tutto questo, dobbiamo quindi cambiare paradigma mentale e passare:
- dalla ricerca dello status da conquistare a quella del focus da perseguire,
- dal conseguimento del prestigio a quella del valore che si offre,
- dall’ambizione (spesso indotta dall’esterno) all’aspirazione verso la propria unica e personale “mission”.
Dobbiamo abbandonare, per noi stessi e per i nostri figli, lo schema limitante che imponeva di seguire ciò che era giusto per gli altri e per la società, imparando invece a seguire le nostre reali attitudini, i nostri desideri e le nostre naturali inclinazioni.
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Ciao, come madre sto seguendo le scelte di mia figlia cercando di capire quali i suoi particolari talenti. E molto importante individuare questo per mirare chiaramente l’obbiettivo e fare un percorso personalizzato. Noi genitori abbiamo anche questo impegno non facile, ma fattibile. Conosciamo bene le loro passioni, i giochi che facevano continuamente da piccoli quando erano liberi da paradigmi e incastri. Poi sappiamo bene le materie per le quali sono portati, i loro limiti e i loro sogni. Mescolando tutto questo ne potrebbe uscire qualcosa di utile? Mariangela tu cosa ne pensi?
Innanzitutto grazie ! Permetti,anche a me, il Ciao Mariangela,
leggo con attenzione i tuoi articoli,sono padre,e questo tuo scritto mi colpisce particolarmente. Nella foto ,naturalmente creativa,come tutte quelle che usi,nel presentare i tuoi articoli,mi colpisce “l’artista”: è un’evoluzione circolare,torneremo,dopo la capovolta a rifare le professioni tradizionali,oppure è un’evoluzione lineare? A mio parere,se puoi non tenerne conto, nell’iconografia manca la schiavitù. Nella circolarità può essere messa prima o dopo,ma nella linearità speriamo non venga messa dopo. Con immutata stima.
Dona, grazie per la tua riflessione! Il ruolo del genitore non è tanto quello di indicare la strada al figlio (che sarebbe un po’ come scegliere per lui), quanto piuttosto di rafforzare la fiducia in sè stesso e nelle sue capacità, dandogli basi solide verso cui lanciarsi nella vita! Il genitore può “restituire” (ossia dare feedback) al figlio su ciò che nota rispetto ai suo talenti, attitudini, ecc, perchè il suo feedback esterno è prezioso, ma senza ancorarlo al passato (“tu sei fatto così, sei sempre stato così e quindi lo sarai sempre!”) ma piuttosto incoraggiandolo a sperimentare, a mettere in gioco le sue risorse per conoscerle e fortificarle!
Pietro, grazie per l’attenzione con cui mi segui! In questa simpatica immagine che ho scelto di usare, la figura dell’artista non è pensata come un’evoluzione delle altre ma come un elemento di discontinuità e di rottura della “linea”, di voce fuori dal coro! Quindi sia che si tratti di fare il medico che il pittore la chiave è proprio quella, essere liberi e non schiavi! Liberi di scegliere autonomamente, di esprimersi e realizzare i propri talenti!