Nell’epoca dei cosiddetti “talent show”, la caccia al talento è diventata un’attività molto diffusa sui media. Agguerriti concorrenti competono tra loro fino all’ultima performance per dimostrare di possedere il fatidico “fattore X”: cuochi o cantanti, ballerini o cabarettisti…solo uno su mille realizza il proprio sogno.
E tutti gli altri? Non avevano talenti?
Non esattamente: come stiamo per vedere, non si tratta di avere o meno talento ma di come utilizzarlo e valorizzarlo nella tua scalata verso il successo.
Cos’è il talento?
Possiamo affermare che il talento è una particolare dote che ci portiamo dietro fin dalla nascita; si tratta, in sostanza, di un’attitudine ”innata” che ci rende “naturalmente” bravi nel fare qualcosa, senza sforzo (o quasi). A differenza delle “capacità”, che vengono acquisite e maturate grazie all’esperienza e alla pratica deliberata, richiedendo tempo e sforzo, il talento rappresenta una “via privilegiata” di sviluppo, una potenzialità che, una volta scoperta e allenata, consente di raggiungere l’eccellenza a grandi falcate.
Ad ogni modo, non basta solamente possedere il talento, per ottenere il successo, ma bisogna investire per farlo crescere e trasformarlo in un vero punto di forza, ovvero in competenza.
Come scrive lo psicologo e ricercatore americano Tom Rath nel suo libro Strength Finder, “la Forza è il prodotto del Talento per l’Investimento”, dove Forza è la capacità di produrre risultati in modo costante e quasi perfetto, Talento è una maniera naturale e spontanea di manifestarsi e Investimento è lo studio e la pratica del talento stesso.
5 convinzioni errate sul talento
Se guardiamo i talent show o semplicemente chiediamo l’opinione della gente riguardo al talento, di solito le convinzioni che emergono sono le seguenti:
- Il talento o ce l’hai o non ce l’hai: questa affermazione si riferisce al talento come a una dote speciale, appannaggio di pochi privilegiati, una specie di fortuna che ci si porta dietro fin dalla nascita, o meglio, ancora prima, nel momento in cui si forma il corredo genetico. Secondo tale convinzione, chi nasce con questo dono raggiunge buoni risultati con poco sforzo; tutti gli altri, per quanto si possano e vogliano impegnare, non potranno mai arrivare allo stesso livello;
- il talento o lo usi o non serve a niente: chi ha questa convinzione, ritiene che il talento sia del tutto inutile, se non si ha la possibilità di esprimerlo. Ma per avere questa opportunità, è necessario ricevere l’attenzione “di chi conta” e ottenere un riconoscimento. Il problema in questo caso consiste nel fatto che “ farsi largo” risulta molto difficile, soprattutto in contesti competitivi, a meno che non si abbia un colpo di fortuna (o qualche santo in paradiso). Se tutto dipende dagli altri, c’è il rischio che il talento resti inespresso e inutilizzato;
- l’occasione di provare il proprio talento capita una volta sola nella vita: questa è il pensiero di chi è convinto che, perdendo o non riconoscendo un’occasione (professionale, relazionale, sociale), difficilmente si avrà una seconda possibilità e quindi è meglio rassegnarsi a una vita da invisibili. Se ci pensiamo, quanti candidati a un talent show per la prima volta, dopo essere stati bocciati al provino, ci proveranno una seconda? Quanti piuttosto si daranno per vinti e rinunceranno ad esprimere il proprio talento (perdendo così ogni possibilità di svilupparlo)?
- il talento va scoperto in tenera età, altrimenti è troppo tardi: questa è sicuramente una delle convinzioni più diffuse, ovvero che la possibilità di lavorare con il proprio talento sia appannaggio di chi riesce a seguire la sua specifica inclinazione già in tenera età o comunque in gioventù (pensiamo ad esempio ai piccoli pianisti, magari figli di musicisti; oppure ai nuotatori, che iniziano a fare agonismo sin da bambini). Chi non lo fa (per scelta o per necessità), è condannato ad intraprendere un percorso di studi o di lavoro non allineato con il proprio talento. Dopo una certa età ormai si è “bruciato” il tempo e non si può più tornare indietro. Quindi bisogna rassegnarsi ad una vita “mediocre”, con magre soddisfazioni;
- il successo è alla portata solo di chi ha talento: Secondo questa convinzione le persone “normali”, che non hanno alcun particolare “talento”, nonostante il loro impegno, non potranno mai raggiungere livelli di eccellenza. In questa cornice, chi non è “talentuoso”, dovrebbe accontentarsi di un ruolo secondario, vivendo e lavorando senza infamia e senza lode. Ora, a parte il fatto che dovremmo ragionare prima di tutto sul vero significato della parola “successo”, è evidente che è convinto di questo, tenderà più facilmente alla rinuncia, riducendo la portata dei propri obiettivi nonché la motivazione a raggiungerli, con tutto ciò che ne consegue a livello di risultati.
Cosa devi fare per sviluppare il tuo talento e avere successo
Dopo questa carrellata di convinzioni sul talento che bene o male ci risuonano, essendo così diffuse tra le persone, una domanda sorge spontanea: è proprio vero che il nostro successo e la nostra realizzazione professionale dipendono esclusivamente dai geni che ereditiamo, dall’ambiente che frequentiamo, dalle occasioni che ci capitano, ossia fondamentalmente da fattori al di fuori del nostro controllo?
Ti rassicuriamo subito: la risposta è NO! Le ricerche scientifiche dimostrano che questi fattori hanno, in diversa misura, un impatto sui comportamenti che si adottano e sulle relative conseguenze, ma non li condizionano in maniera causale.
Quello che fa la differenza è sempre il tuo modo di pensare, sentire e agire, ovvero il modo in cui percepisci te stesso, la realtà intorno a te e come scegli di comportarti di conseguenza.
Ecco 5 cose da fare per sviluppare il tuo talento e avere successo:
Capisci cosa vuoi davvero (e perseguilo)
Se leggiamo le storie delle persone di successo, ci rendiamo conto che la loro principale risorsa non è stata solo e soltanto il talento “innato”: esse raccontano piuttosto di aver dedicato tempo ed energia a scoprire e trovare quello che realmente volevano, di aver avuto fiducia in sé stessi e nel loro obiettivo, di essere stati determinati di fronte agli ostacoli e alle avversità.
Trova qualcuno che crede in te
Alcuni di loro hanno avuto all’inizio del loro percorso uno sponsor, qualcuno che ha creduto in loro o un talent scout che ha scoperto il loro talento; altri invece sono stati fortemente scoraggiati da persone riconosciute come esperte nel proprio settore. Ad esempio a J.B. Gordon, Nobel per la Medicina nel 2012, il professore di Biologia del college disse che le sue ambizioni di diventare scienziato erano “ridicole” e che non avrebbe avuto “nessuna possibilità” di successo!
Impegnati in quello che fai
Diverse ricerche scientifiche dimostrano che la forza di volontà, l’impegno e la perseveranza contano in misura maggiore rispetto al talento stesso. Se chiediamo a sportivi di tutte le discipline che cosa li ha portati sul podio, risponderanno esattamente gli stessi elementi.
Quindi è chiaro che il talento da solo non basta, ma un “qualcosa in più” degli altri bisognerà pur averlo, o no?
Combina insieme tutti i tuoi talenti
Hai letto bene: tu hai più talenti. È vero: finora abbiamo parlato di talento sempre al singolare, come se ce ne fosse solo uno da coltivare e utilizzare; se guardi nel dettaglio, però, ti renderai conto che il talento è composto da più fattori, ossia da più capacità/abilità e qualità messe insieme: è proprio la loro combinazione a fare la differenza! Ciascuno di noi possiede un mix unico rispetto agli altri, quindi non è corretto dire che qualcuno ha più talento di un altro, ma piuttosto un talento diverso.
Abbi il coraggio di usarli
Come insegna anche la parabola dei talenti, non conta se ne hai uno, due o cinque: l’importante è scoprirli e avere il coraggio di utilizzarli, credendo di più in te stesso. Se riuscirai a farlo, le occasioni capiteranno e spesso sarai proprio tu a crearle. Non c’è bisogno di partecipare ad un talent show: ogni giorno rappresenta un’opportunità per manifestare e accrescere il tuo potenziale.
Come disse Seneca: “Non esiste la fortuna, esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione”.
Ciao a Tutti io mi chiamo Osvaldo Ardenghi sono un comico e secondo il mio grande maestro e amico Enzo Jannacci che era sicuramente un intenditore e scopritore di talenti io sono un talento sia nella comicità e nella recitazione, ma il maestro diceva che quelli bravi non li fanno lavorare, in compenso in più di una occasione in alcuni programmi televisivi mi rubavano le battute quindi?
Siamo sicuri che basta solo il talento e non le raccomandazioni?
Ciao Osvaldo, piacere di conoscerti, ti ringrazio per questo tuo commento che richiama un po’ la convinzione (b) che ho indicato nell’articolo, secondo la quale: “Se le nostre qualità non vengono riconosciute dall’esterno, soprattutto da chi conta, non ci portano alcun vantaggio. Farsi largo è molto difficile quindi a meno che non si abbia un colpo di fortuna (o qualche santo in paradiso), il talento può restare inespresso e inutilizzato”.
Come dici tu, il talento da solo non basta, servono anche altri fattori.
Ma qui sta il punto: questi fattori dipendono da noi o no? li possiamo controllare o no?
La risposta dipende dal nostro modo di percepire la realtà: siamo attori o spettatori, attivi o passivi?
“I bravi non li fanno lavorare” e altre espressioni simili hanno come soggetto gli altri (che fanno o non fanno che ci accettano o meno). E l’io, che fine fa? in questa visione non può che subire e soffrire per un mondo ingiusto di raccomandati. Attenzione, non sto dicendo che queste cose non esistano, lo sappiamo bene, ma ciò che conta è come noi le percepiamo e come ci rapportiamo ad esse.
Se usciamo fuori da una logica vittimistica non solo soffriamo di meno, ma abbiamo decisamente più possibilità di trovare nuove strade o alternative. Solo per farti un esempio, molti sono diventati famosi non tramite i canali tradizionali ma con il web…
Grazie per il tuo contributo e a presto
Riporto qui le parole della mail che ho ricevuto da Antonio che di professione fa il formatore:
“Io lavoro da molto tempo in campo aeronautico e penso che l’atteggiamento positivo sia l’unico che abbia un valore evolutivo. Mi occupo di formazione in vari ambiti e devo dire che questo è il mio mondo.
Vedo molte persone intorno a noi sono scoraggiate, deluse, depresse e di conseguenza inerti, perchè fondamentalmente hanno una grande paura di perdere quello che hanno, indipendentemente da quanto hanno e da quanto potrebbero migliorare.
Credo che questa sia un’area su cui lavorare nella formazione, perchè credo sia figlia di un’errata concezione dell’educazione che porta le persone a fare per avere e non per essere. Ma, come diceva Confucio: Il miglioramento è un fine, non un mezzo.
(….)
Mio padre diceva che con il suo stipendio arrivava tranquillamente a fine mese. E’ che i problemi iniziavano dall’1 al 27. Eppure i miei genitori sono riusciti a tirare su due figli ai quali non è mai mancato nulla, che hanno studiato, hanno fatto carriera, hanno una vita serena.
Eppure, sebbene io stia cento volte meglio di mio padre, mio figlio non avrà molte probabilità di stare cento volte meglio di me, soprattutto nel nostro Paese oggi.
Questo è il secondo Paese europeo per emigrazione. Se poi vogliamo contabilizzare le teste che escono e non le braccia, è il primo Paese.
Ecco, per chi fa formazione in Italia oggi, credo che la sfida sia proprio quella di orientare le persone ad essere dei disadattati, a essere polemici, a mettere in discussione lo status quo, perchè solo dai devianti può venire fuori il cambiamento che renderà l’Italia un Paese normale. Siamo in un periodo di grande cambiamento che vuol dire una fase selettiva dove il più adatto sopravviverà. I cinesi hanno un’ideogramma per crisi che sta per ostacolo oppure opportunità. Questa crisi vedrà vincenti i devianti, gli alternativi, coloro che in questo sistema che sta andando a fondo nelle sabbie mobili non si sono mai rassegnati e non si sono adeguati al resto.
O le teste le formiamo qui, oppure dobbiamo aspettare che vadano all’estero, metabolizzino il modo di vita, le usanze, la mentalità dei Paesi civili e una volta tornati qui cominceranno il percorso di cambiamento culturale che è necessario per invertire la rotta.
Il miglior investimento è sempre quello nelle proprie capacità. Ottimo articolo, grazie 🙂
fiducia in sé stessi e nel loro obiettivo, di essere stati determinati di fronte agli ostacoli e alle avversità. Trovo che la chiave di tutto sià la propria fiducia e condivido che bisogna superare gli ostacoli e le avversità perchè sono quelli i passi da cui impari di piu:-)
Sono assolutamente d’accordo Salvatore, la fiducia in sè e la convinzione di essere capaci di (autoefficacia personale) sono, anche secondo le ricerche di psicologia, delle variabili determinanti per mettere a frutto i propri talenti, sviluppare competenze, ottenere risultati!
Sono un infermiera, con molte capacità ma non riesco a fare carriera. Mi rendo conto che sono avanti anni luce a molti miei superiori. Aiutatemi mi sento incastrata.
Marianna
Marianna, ti propongo di confrontarci direttamente sulle tue difficoltà fissando un colloquio gratuito con me, via telefono o skype.
Insieme capiremo quali sono gli ostacoli che ti bloccano e quali strategie e risorse puoi attivare per valorizzarti come meriti.
Il talento vero, se c è, salta fuori da solo…e, il vero talento è sempre accompagnato da tenacia, volontà, carattere e quanto altro….rari i casi di talento sprecato…Devi nascere in Burundi in mezzo al fango o nella città della gioia di Calcutta dove a malapena mangi e guardi il cielo..e nemmeno basta a volte…una delle migliori scacchiste al mondo è di una tribù poverissima africana…È basta vedere pelè….