Che cos’è la felicità e da cosa dipende

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Che cos’è la felicità? Non bastano manuali di filosofia, teologia, spiritualità e scienza a descriverla! Sicuramente essere felici è una delle principali aspirazioni degli esseri umani di tutte le epoche e di tutte le latitudini, tanto che la ricerca della felicità è proclamata come un diritto dell’uomo nel testo della Dichiarazione di Indipendenza americana 1776.

La felicità viene definita come lo stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri (Vocabolario Garzanti), Condizione di letizia, di gioia, di soddisfazione (Dizionario Sabatini Colletti).

L’etimologia fa derivare la parola da: felicitas, deriv. felix-icis, “felice”, la cui radice “fe-” significa abbondanza, ricchezza, prosperità.

 

La felicità dipende dalle circostanze esterne?

Secondo alcuni, l’essere felici dipende da condizioni concrete, di tipo economico e sociale, o in generale da fattori esterni. Si ritiene infatti che si possa essere felici sono in determinate circostanze quali ad esempio: godere di buona salute, avere una famiglia di riferimento, avere un lavoro e la sussistenza economica, ecc.  In base a questo approccio, in contesti di povertà e disuguaglianza non è possibile essere felici.

Nell’ambito delle teorie politiche ed economiche sulla felicità, è molto interessante la teoria dell’economista indiano Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia nel 1998, secondo cui il livello di reddito e il PIL non sono più indicatori sufficiente per analizzare il benessere dei popoli, in quanto bisogna aggiungere ai calcoli quantitativi, valutazioni qualitative.

Nel suo libro: “Lo Sviluppo è libertà”, egli afferma che uno sviluppo “felice” deve essere inteso come un processo di espansione delle libertà reali di cui godono gli esseri umani, nella sfera privata come in quella sociale e politica. Lo Stato quindi deve porre in essere tutte quelle condizioni (diritti civili e politici, scuola, sanità, reti di protezione sociale, microcredito) che favoriscono la capacit-azione, intesa come la capacità di azione, di realizzazione dei singoli nella società. La capacitazione è “la libertà sostanziale…di mettere in atto stili di vita alternativi”, di esprimersi, di fare e di costruire la vita che si preferisce. Secondo Sen, anche in tempi di crisi “la questione principale non è limitare, ma espandere la libertà, dobbiamo liberare l’idea di libertà non come permesso, ma come scelta“. E’ questo che aumenta la qualità di vita e produce sviluppo economico.

 

Qual è la correlazione tra ricchezza e felicità?

I soldi non fanno la felicità”, recita un vecchio adagio, ma, come concludono alcuni “di certo aiutano!”.

Certamente la povertà può condurre all’infelicità in quanto ostacola il soddisfacimento dei propri bisogni (primari e/o secondari) e può causare vissuti di tristezza (in casi di “perdita” di una condizione di vita migliore), di paura per il futuro o di rabbia verso sé stessi o il mondo esterno (in base a chi viene considerato “colpevole” della situazione).  Non è possibile comunque affermare che la penuria causi l’assenza di felicità. Ci sono poveri che si dichiarano felici perché accettano la loro situazione e/o perché hanno scelto di vivere con poco e/o perché danno maggiore valore ad altri aspetti della vita, come ad esempio le relazioni.

Secondo recenti ricerche made in USA, le persone che possiedono più di un milione di dollari non sono poi tanto più felici rispetto agli operai, agli impiegati e alla classe media. Se è vero che i poveri, in media, sono più infelici dei ricchi, è altrettanto vero che livello di felicità non è direttamente proporzionale al conto in banca.

Circa la metà dei milionari intervistati hanno dichiarato che i soldi non li hanno resi più felici ed un terzo di loro ha detto che i soldi avevano portato loro più problemi di quanti ne avessero risolti. Questo probabilmente non dipende solo dal fatto che all’aumentare dei soldi posseduti possa aumentare anche la paura di perderli, ma anche perché ci sono “cose” della vita che i soldi non possono comprare! Inoltre, per un processo di assuefazione simile a quello delle droghe, ciò che si ha non è mai abbastanza, e si cerca di avere sempre di più, in un’avidità che finisce di mangiare sé stessa.

Il confronto tra ricchi e poveri non vuole tanto stare a significare che ogni medaglia ha il suo rovescio, quanto mostrare che il vissuto della felicità dipende fondamentalmente dal proprio personale approccio alla vita (filosofia) e al modo in cui si interpretano i fatti e si vivono le emozioni (psicologia).

Grafico tratto da Wikipedia (CC licence)

Questa conclusione è confermata da un recente studio (v. grafico) condotto dalla Prof. Sonja Lyubomrsky, dell’Università della California, secondo cui dei fattori che influenzano livelli stabili di felicità, il 50% è legato alla genetica, il 40% all’approccio individuale, ossia da ciò che pensiamo e facciamo, e solo il 10%alle circostanze esterne.

E se è vero che i geni e le circostanze esterne sono piuttosto difficili da modificare, altrettanto non si può dire per la propria mente e il proprio comportamento!

 

Quali sono le conseguenze della felicità?

La felicità, oltre ad essere una delle dimensioni più significative della vita umana, ha effetti positivi non solo per l’individuo ma anche per la società, che grazie ad essa diventa più solida e prospera.

Una meta-analisi condotta dall’Università della California mostra che la felicità produce anche:

  • Migliore salute fisica (rafforzamento del sistema immunitario, minore livello di stress e di dolore)
  • Relazioni (personali e coniugali) più lunghe e soddisfacenti, interazioni sociali più ricche
  • Performance lavorative superiori, maggiore produttività e qualità più elevata del lavoro svolto

A questo ultimo punto si collega anche l’aspetto della ricchezza, in senso causale inverso rispetto a quanto detto sopra, ossia l’effetto che la felicità ha sulla ricchezza. Non sono solo (e soltanto) le persone ricche ad essere più felici, ma anche (e soprattutto) le persone più felici ad essere più ricche!

Quello che recenti studi dimostrano,  infatti, è che i giovani che all’età di 20 anni si dichiarano felici, a 35 anni hanno salari più alti e posti di lavoro più soddisfacenti rispetto ai loro coetanei, a parità di situazione economica di partenza.

Dal punto di vista psicologico infine, è stato dimostrato che le persone più felici sono anche più attive, energetiche, creative, sicure di sé, altruiste.

Insomma, la felicità fa davvero miracoli!

Vedremo in un prossimo articolo cosa significa essere felici, quali sono le dimensioni della felicità, e cosa ciascuno può fare per accrescere la propria felicità!

 

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Questo articolo ha 7 commenti

  1. Coach Lavoro

    Un aforisma davvero in tema:
    “Una forte determinazione di essere felici vi aiuterà. Non aspettate le circostanze per cambiare, credendo erroneamente che in esse stanno le difficoltà. Non fate dell’infelicità un’abitudine cronica. E’ una benedizione per voi stessi e per gli altri se siete felici. Se possedete la felicità voi possedete ogni cosa; essere felici significa essere in sintonia con Dio”. P. Yogananda

  2. Coach Lavoro

    E ancora..
    “Se vogliamo essere felici, possiamo esserlo adesso, perché la chiave della felicità è nascosta dentro di noi. Essa non dipende dagli avvenimenti che ci capitano ma dal modo in cui li percepiamo e li affrontiamo”, Anthony De Mello

  3. suzana

    Non solo di pane vive l’uomo, ma non deve mancare il necessario e l’indispensabile.

  4. Maria Angela

    La felicita dipende aver lavoro vivere bene in famiglia .Non basta aver tanti soldi quelli non fanno vivere felici anzi averne ,troppi vivi male .Per me la felicita anche essere poveri con quello che si ha l’importante essere felici capirsi avere amore coccole ed essere molto sinceri ,allora hai la felicità essere felici anche con quel poco che si ha ma volersi bene vale di più di tutt’altra cosa al mondo

  5. Geronimo B.

    Finalmente qualcuno che guarda un po’ più avanti del proprio naso!

    Certo che chi ha perso il lavoro, chi lo sta ancora cercando o chi lavora ma ha problemi economici si deve occupare di questioni molto più materiali.

    Però vale la pena cercare di capire perché ci diamo tanto da fare dal mattino alla sera. Altrimenti si finisce per pensare che lo scopo di tutto sia comprare qualche oggetto che non avevamo ancora!…

  6. Marco Chillemi

    Un mio utente mi ringraziava del conseguimento del suo obiettivo professionale con queste parole: “povero ma felice”!
    Fare qualcosa che piace può appagare più di quanto pensiamo, eppure, spesso siamo appannati da consuetudini sociali che ci inducono a seguire “miti” dettati da altri.
    Invece, come hai affermato, soddisfatti i bisogni primari (e per fare questo non ci servono tutti i soldi che crediamo) la nostra felicità è legata solo ai nostri valori, alle nostre motivazioni e ai nostri interessi: a quello che realmente ci piace fare!

    Come al solito, complimenti per l’articolo.

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