Gli studi sulle evoluzioni dell’economia, della società e del lavoro sostengono ormai all’unanimità che viviamo nell’epoca del cambiamento, che viaggia sulle rotaie super veloci dell’innovazione e della globalizzazione, diventando sempre più complesso e imprevedibile.
Ciò significa che il lavoro che abbiamo fatto finora o l’azienda per cui stiamo lavorando potrebbero non esserci più in futuro e sicuramente saranno diversi da come lo sono oggi: tra 5 anni – anche meno – potremmo occuparci di un’attività che adesso ancora non esiste.
Questo non vale solo per la realtà esterna: il nostro percorso di vita molto probabilmente non sarà lineare come quello dei nostri genitori, perché i nostri stessi obiettivi e le nostre esigenze potrebbero cambiare anche in modo considerevole in breve tempo.
Il concetto di employability
Davanti a questo scenario così “dirompente” di cambiamento, riteniamo fondamentale introdurre il concetto di “employability”, ovvero di occupabilità, che diventa ancora più cruciale di quello di “occupazione”, perché non fa riferimento alla condizione presente ma alle potenzialità future.
Infatti, l’employability rappresenta la capacità di ottenere un nuovo lavoro (analogo al precedente) e non solo. Fa riferimento anche all’essere in grado di cambiare ruolo professionale all’interno della stessa organizzazione o all’esterno, muovendosi da un’azienda / settore a un altro.
I ricercatori Fugate, Kinickyi e Anshfort l’hanno definita come “una forma di adattabilità lavorativa specifica che permette di identificare e realizzare opportunità di carriera”.
Perché è importante essere occupabile
Essere occupabile significa:
- essere adattabili, pronti a provare nuovi compiti e sperimentarsiin nuove situazioni;
- essere aperti al cambiamentoe tolleranti nei confronti del rischio e dell’incertezza;
- essere resilienti di fronte alle difficoltà (disoccupazione, delusioni, fallimenti);
- essere convinti del proprio valore professionaleattuale e potenziale;
- essere attivinel procurarsi opportunità di lavoro, di crescita e di apprendimento.
In poche parole, un ingrediente fondamentale dell’employability è la capacità di cogliere le occasioni che si presentano, cercando di trarne il meglio (anche se magari sono diverse da quelle che ci attendevamo), mantenendo alta la fiducia sulle proprie possibilità di riuscita.
Da questo punto di vista, l’occupabilità non è un concetto meramente teorico o astratto: esso, infatti, si manifesta in scelte e azioni concrete che esprimono la nostra percezione del mondo e di noi stessi e il nostro atteggiamento nei confronti della vita, oltre che del lavoro.
L’employability dipende anche dalla quantità e dalla qualità del proprio “capitale”: non stiamo parlando di quello economico, ma piuttosto di quello umano e sociale.
Il capitale che conta, infatti, comprende ciò che i soldi non possono comprare:
- le tue conoscenze, capacità e qualità, che compongono quelle competenze, sviluppate e manifestate nel tempo, attraverso le esperienze fatte e i risultati conseguiti.
- l’intelligenza, non solo quella logico-razionale che ci serve per risolvere i problemi, ma anche quella emotiva che occorre per comprendere le proprie e altrui emozioni.
- le reti sociali, ovvero il cosiddetto network, che ti fornisce informazioni e contatti, ti segnala opportunità e, non da ultimo, ti supporta nei momenti più critici
Mentre il tuo bagaglio di competenze (personali e professionali) e di intelligenza (in tutte le sue forme) vanno a comporre il tuo capitale umano, sono le persone che conosci (e ti conoscono), i gruppi e più in generale le reti di cui fai parte a costituire il tuo capitale sociale.
A loro volta questi due “capitali” si poggiano sulla nostra identità, che esprime chi sei, nella tua unicità, e il significato che dai al tuo percorso (passato, presente e… futuro!).
L’identità professionale, che è parte integrante dell’identità generale, rappresenta ciò che ti contraddistingue sul lavoro e i valori che ti guidano. Spesso l’identità tende a coincidere con il ruolo ricoperto (quello che viene scritto sul biglietto da visita…o sul titolo del tuo profilo Linkedin), ma in realtà è molto di più! Perchè anche se cambi ruolo, mantieni sempre la tua identità, sia personale che professionale.
Avere consapevolezza di chi sei, di cosa è davvero importante, di cosa fa parte di te (e cosa no), ti consente di mantenere salda la tua meta lavorativa e al contempo di cambiare rotta, ovvero preservare il fine e modificare i mezzi, se questo si rivela necessario o funzionale, in un dato momento della tua carriera.
L’identità quindi è una sorta di bussola che serve per orientarti nella navigazione nel “mare” del lavoro, senza perderti, per cambiare e adattarti, ma restando sempre te stesso!
Come accrescere la tua occupabilità?
Gli Psicologi del lavoro Toderi e Sarchielli sostengono che le carriere saranno sempre più variegate e fondate su “molte esperienze lavorative svolte in più organizzazioni”, che implicano “forme diverse di mobilità occupazionale e di bilanciamento tra lavoro e non lavoro” (dal libro “Sviluppare la Carriera Lavorativa”, 2013).
A un primo impatto, questa visione può comprensibilmente spaventare; se però la osservi con lucida serenità, apre le porte ad una quantità di nuovi stimoli e possibilità, che nel “vecchio mondo”, più chiuso, stabile e prevedibile erano inaccessibili e inimmaginabili.
Maggiore sarà la tua employability, maggiori saranno le opportunità a cui potrai accedere.
Per incrementare la tua occupabilità, puoi sviluppare una o più delle componenti che abbiamo descritto prima, ovvero: competenze, esperienze, reti sociali e identità. Ecco alcuni modi per farlo efficacemente.
Amplia le tue competenze
Per acquisire nuove conoscenze e abilità, puoi partecipare a convegni, workshop, corsi e master, ma non solo: ormai hai sempre a portata di mano un dispositivo collegato a Internet, dove informazione e formazione sono a distanza di un semplice click (e molto spesso anche a costo zero o comunque ad un costo accessibile). Ci sono siti, blog, video tutorial, corsi online – tenuti anche da esperti o da prestigiose università – su quasi qualunque argomento.
Dedicati a nuovi progetti
Per passare dalla teoria alla pratica, il modo migliore per farlo è dedicarti a nuovi progetti che ti vengono proposti o che puoi proporre tu stesso in ufficio, oppure ancora, a tue iniziative di carattere personale o di volontariato. Puoi concentrarti sul tuo ambito/settore di appartenenza, per approfondirlo, oppure su uno dei tuoi hobby/passioni, oppure ancora, ampliare i tuoi orizzonti, facendoti contaminare da altri ambiti.
Aprirti ad ambienti e argomenti al di fuori del “conosciuto” ha anche il vantaggio di ampliare la tua rete sociale. Frequentando nuovi ambienti e gruppi diversi dalla cerchia più conosciuta, infatti, hai la possibilità di fare nuovi incontri, di instaurare nuove relazioni, di “scovare” nuove opportunità…
NB: Non dimenticare che il tuo capitale sociale si nutre di autentici scambi umani – oltre che professionali – e per attivarli devi essere pronto a dare (informazioni, supporto e…tempo), ancora più che a ricevere!
Dedicati alla tua identità
In ultimo, ma non certo per importanza, è necessario dedicarti alla tua identità, attraverso:
- la conoscenza di te e della tua storia;
- l’ascolto delle tue intuizioni e sensazioni;
- la tua capacità di sognare e immaginare.
Per definire o ridefinire la nostra identità, risulta molto efficace e potente lo strumento del Bilancio delle competenze, all’interno di un percorso di Coaching, che – partendo dal passato – arrivi a definire il nostro profilo attuale, valorizzando le nostre risorse, spesso inconsapevoli, tracciando un ponte verso il nostro futuro.
Cambiare… per il solo fatto che ho provato a cambiare, perchè insoddisfatto del lavoro che avevo, oggi sono disoccupato ( unemployed). L’ostacolo più grosso nelmio reinserimento però, l’ho trovato nelle aziende o comunque di chi si occupa di HR. Da ciò nasce in me la domanda: il mondo del lavoro (industria, commercio.ecc..) sono pronti a questo cambiamento?
Alberto, hai fatto una scelta coraggiosa che nel breve tempo ti ha tolto da una condizione di insoddisfazione e che nel medio-lungo termine si rivelerà proficua anche dal punto di vista professionale!
E’ purtroppo esperienza di molti quella di trovare resistenza da parte delle aziende, che si mostrano tavolta rigide di fronte a chi non ha un percorso meramente “lineare”. Ma questo non deve portare a generalizzare: ci sono anche aziende aperte, che sanno dare fiducia alla persona e alle sue potenzialità.
La “fortuna” di trovarle (o di essere trovati) può essere senz’altro accresciuta sviluppando la propria occupabilità e presentandosi in modo convincente, con strumenti (Cv e non solo) e modalità che valorizzino le proprie competenze e diano validi motivi all’azienda per farsi prendere in considerazione.
Gentile signora buonasera , io non ho letto il suo articolo tuttavia le dico che a 55 anni e piu’ si puo’ ancora trovare lavoro nel proprio ambito con tanto spirito di adattamento e con buona volonta’ ed accontentandosi ,
Marisa, grazie per la tua testimonianza, che risponde indirettamente a Chiara, una tua coetanea, che mi ha scritto (privatamente) questo commento:
“CoachLavoro, la questione non è chiederti quanto sei occupabile ma alla mia età (53 anni) bisogna chiedersi: chi mi assume più? Perchè diciamo la verità se non trova un lavoro un giovane,come può pensare che lo troviamo noi ultracinquantenni?”.
Trovare un’occupazione come dice Marisa, è possibile, anche a 50 anni e più, se si è OCCUPABILI, ossia se si è capaci di adattarsi, ma non solo.. Significa avere delle competenze ampie ed aggiornate, significa essere attivi nel proporsi, significa coltivare il proprio network: tutto questo favorisce in maniera considerevole le opportunità a cui si può accedere!
NB: Adattarsi però non significa accontentarsi, anzi! Chi è occupabile ha la possibilità di scegliere e di farsi scegliere, cogliendo le occasioni che si presentano, con flessibilità e apertura mentale…ma sempre mantenendo la propria identità e dignità professionale!
articolo molto interessante, mi è piaciuto molto
Piccolo quesito. Il cambiamento deve essere fatto anche dalle aziende? Carissimi di coach lavoro, vi rendete conto che le aziende italiane, in materia di posizionamento, marketing, focalizzazione sono indietro di 40/50 anni? Quando incontro tutt’ ora ( sono ancora alla ricerca ma a 50 anni sei fuori dal mercato) aziende e “responsabili non so che ” pronti a dirti “siamo leader del settore” e alla mia domanda ” come mai non vi ho mai sentito nominare?” si aggrappano sugli specchi perchè non sanno neanche dare la definizione di ” leader del settore”, mi chiedo ” dovrei essere io a cogliere il cambiamento? ad informarmi e seguire corsi? ad avere il coraggio di spiegare al pseudo responsabile account developper e inglesismi vari che fanno tanto cool che bisogna orientarsi sulla concorrenza, capire i suoi punti deboli, differenziarsi e dare un motivo in più perchè il potenziale cliente ti scelga, produrre testimonianze del prodotto/servizio che rappresenti, di come hanno risolto problemi ai clienti acquisiti e mi fermo, con una semplice conseguenza, vieni messo alla porta perchè ti considerano un rompi….Boh, io vi consiglierei un percorso di coaching agli imprendiattori italiani, più che alle persone in cerca di un’ occupazione
Ciao,
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secular brotherhoods of scribes.